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SANTA MARIA A RICORBOLI

La chiesa di Santa Maria a Ricorboli sorge nel luogo che ha ospitato un romitorio  con annesso oratorio e un piccolo spedale per pellegrini, dei quali si hanno notizie, sia pure frammentarie, fin dal XII/XIII secolo.

Due documenti (1520, 1527) conservati nell’Archivio Arcivescovile di Firenze ci dicono che lo spedale era della famiglia Bardi. Se ne ha conferma in una lettera con la quale Girolamo Bardi nel 1528 incarica Iacopo contadino di Mantignano, di trasportare alcune masserizie dalla propria casa alla “Domum Ecclesie seve Hospitalis de Ricorboli”.

Lo spedale esisteva ancora nel 1564 in quanto il 28 luglio di quell’anno Ranieri di Nicolò Marsili di S. Gimignano ne venne eletto rettore.

Non si conosce l’anno di fondazione dell’oratorio, annesso al romitorio, che è ricordato in un documento del 1311 e in altri del 1318  e 1361, che lo dicono ancora intitolato a S. Andrea del Rio e successivamente alla Madonna.

La presenza del romitorio è confermata dalla citazione in un documento del 12 luglio 1336 e nel 1365 è ricordata la presenza in quel luogo di una comunità di  benedettine, riformata nel 1373 con l’invio delle clarisse di S. Maria di Montedomini, sotto la guida della badessa Lisa di Taddeo de’ Bardi.

La famiglia Bardi conti di Vernio, presumibilmente aveva il patronato dell’oratorio fino dalla fondazione,

Nel 1585 l’oratorio divenne sede della Compagnia della Natività della Gloriosa Sempre Vergine Maria, una confraternita laicale la cui istituzione sembra dovuta al chierico Marco di Paolo Becchi, che svolse la sua attività di culto e di carità fino al 1785, anno in cui Pietro Leopoldo con un motuproprio soppresse tutte le confraternite laicali della Toscana. Nel 1791, con il granduca Ferdinando III, la Compagnia riprese la sua attività quando l’oratorio era ormai trasformato in chiesa parrocchiale,

La Madonna  di  Ricorboli

   Sull’altare dell’oratorio era custodita un’antica immagine della “Madonna in trono con il Bambino e angeli” particolarmente amata e tenuta in grande venerazione dal popolo di Ricorboli, dal quale era chiamata “la Nostra Donna”, “Nostra Donna Miracolosa”, “Gran Madre di Dio”.  

La tavola già citata nell’inventario del 1479 può identificarsi con l’immagine dipinta da Giotto, forse parte di un polittico sul tipo di quello della Pinacoteca di Bologna.

La tavola è giunta a noi in stato considerevolmente frammentato. Il dipinto ha subito in passato interventi di restauro, come la riduzione dell’immagine all’altezza delle gambe della Madonna, per eliminare la parte danneggiata dall’acqua di antiche alluvioni.

Il dipinto (tempera su tavola, cm. 81,5 per 66) – che la critica ha riconosciuto opera di Giotto il quale ne condivise l’esecuzione con la bottega – si colloca nell’arco di tempo tra il 1334 e il 1336, ultimo periodo fiorentino di Giot­to, dopo il ritorno da Napoli.

   Ai piedi dell’immagine della Madonna Pio VII sostò in preghiera nel maggio 1805, di ritorno dalla Francia dove si era recato per l’incoronazione di Napoleone. L’episodio è ricordato nella lapide sopra la porta d’ingresso della vecchia chiesa e raffigurato nella tavola di Baccio Maria Bacci nella cappella della nuova chiesa,  dove è rimasta fino al 2010, quando venne tolta per essere sistemata nella piccola cappella accanto.

La nuova chiesa

Nel 1906 venne posta la prima pietra dell’edificio, concluso con la consacrazione nel 1926.

Il progetto fu affidato all’architetto Enrico Au-Capitaine (1843-1909), che aveva realizzato nel 1899 quello della chiesa dell’Incontro (distrutta nel 1944 dai bombardamenti alleati per mettere a tacere le batterie tedesche), e alcune cappelle nel cimitero delle Porte Sante.

Au-Capitaine si ispirò all’architettura del rinascimento fiorentino e al Brunelleschi inserendo elementi che richiamano la “bella villanella” del Monte alle Croci e S. Lorenzo.

Il progetto iniziale venne ridimensionato alla forma attuale e alla morte di Au-Capitaine, avvenuta nel 1909, subentrò nell’incarico l’Ing. Igino Biagiarelli  che portò a compimento l’opera secondo il disegno dell’autore.

La chiesa è dedicata alla Madonna Assunta, che si festeggia il 15 di agosto.

L’interno della chiesa si presenta architettonicamente essenziale e la luce piove dalle vetrate poste in alto e dai due grandi rosoni opera di Guido Polloni, collocate nel 1925.

Sulla parete di sinistra della navata si aprono due cappelle una dedicata a S. Giuseppe (che contiene una tela dipinta da Gaetano Ciampalini) che ospita oggi il fonte battesimale sul coperchio del quale è posto un S. Giovannino, opera in bronzo dello scultore Gian Battista Naldini.

L’altra cappella è dedicata alla Madonna con la grande tavola di Baccio Maria Bacci nella quale è ricordato l’episodio di Pio VII che sostò in preghiera davanti all’immagine della Madonna, oggi collocata nella piccola cappella a fianco.

Sulla destra la cappella di S. Antonio (tavola di Alfonso Testi) e la cappella dei Caduti (con la grande tela di Giuseppe Fraschetti) in ricordo dei parrocchiani morti nella Grande guerra.

In occasione dei restauri effettuati per riparare i danni provocati dall’alluvione del 1966 furono apportate – seguendo le indicazioni della riforma liturgica  voluta dal Concilio Vaticano II – modifiche al presbiterio con l’avanzamento della mensa dell’altare e l’abbattimento della balaustra con i colonnini di pietra.

Nel dicembre del 1978 al posto del grande crocifisso di Giuseppe Gronchi (spostato nella sagrestia) venne collocato il ciborio in bronzo dorato di Romano Lucacchini.

Il cornicione è decorato con tondi nei quali è inscritto il monogramma di S. Bernardino JHS (Jesus Hominum Salvator – Gesù Salvatore degli Uomini), alternati a testine di angeli, opera del pittore Giuseppe Fraschetti.

Nel 1926 lungo le pareti vennero collocate le quattordici formelle della Via Crucis modellate da Ferrante Zambini.

La facciata è rimasta incompiuta, ma non sappiamo se era previsto di completarla con il porticato secondo le indicazioni del primo progetto.

Della vecchia chiesa – demolita nel 1930 – sono rimasti il campanile e il dossale dell’altar maggiore.

Nella foto si vede la facciata della nuova costruzione

Ricorboli

Sull’origine del nome Ricorboli sono state formulate varie ipotesi: secondo il Carocci e il Torrigiani potrebbe derivare da “Rio Corbulo”, il borro che provenendo dal colle di Montici raccoglieva le acque della sorgente di Gamberaia per andare a riversarsi in Arno dopo aver costeggiato un tratto dell’attuale viale Michelangiolo.

Già nel 1033 è documentato il nome riferito al torrente e il toponimo “Rio di Corbulo” compare in una bolla del 1184.

Giancarlo Degl’Innocenti

Le notizie storiche sono tratte dal volume “Santa Maria a Ricorboli – l’Oratorio, la Chiesa – Vita religiosa – Vita parrocchiale”, reperibile presso la parrocchia